venerdì 2 novembre 2007

Gli amici di Pippi

A Urbino nevica. Una volta prendevo la slitta, oggi vado dal barbiere. Da quand’ero bambino e salivo sul cavallino d’argento, da Pippi non è cambiato niente. Qualcuno lo dice pensandone male, io ringrazio il destino per aver fermato il tempo almeno qua. Forse perché il mondo comicio a vederlo da vecchio, ogni giorno peggiore. Così se un luogo mi riporta al passato mi fa sentire al sicuro. E qui non c’è soltanto un ricordo, ma un vero ritorno. Tepore domestico condiviso a dimensione sociale. Fuori, oltre la condensa sui vetri, la bufera fa di Valbona un frullatore di panna montata. La facciata seicentesca di San Francesco da Paola si vede appena, sull’altro lato della strada.Gli amici, come sempre, sono riusciti ad arrivare. E’ uno dei sette giorni dell’anno in cui da luoghi tanto lontani convergono qua, tutti assieme. Nessuno tranne noi conosce questo calendario. Nessuno ha mai notato che, sette volte l’anno, Pippi ha gli stessi sette clienti. Avevamo notato i compleanni, così ben cadenzati nel tempo: sei febbraio, primo aprile, undici maggio, ventisei giugno, tre settembre, otto novembre, sedici dicembre. Giusto i tempi tra un taglio e l’altro. Prima ci incontravamo in altri luoghi, ma più gli incontri sono clandestini, più si rischia di svelarne l’importanza.Ufficialmente non ci si conosce, solo Pippi sa.
Ma un buon barbiere, e lui lo è, sa mantenere i segreti. Un ragazzo si affaccia alla porta. “E’ pieno” gli fa lui “poi devo andar via, ripassa domani” e quello obbediente scompare nel bianco.Continuiamo le nostre chiacchiere in pace. Le storie di ieri si accompagnano agli acciacchi di oggi. Gli amici. Parlare dei tuoi problemi a volte è solo uno sfogo senza risposte. Questi amici no. Loro ti ascoltano, come io ascolto loro, sapendo che ci sarà risposta. Non ci perdiamo dietro alle stronzate, il calcio, la politica, la televisione. Solo questioni vere, quelle a cui gli amici danno una soluzione.E stavolta tocca a me, porre la mia questione. Parlo un po’, espongo il problema con calma, gli amici propongono e discutono la soluzione.
Un bel pannicello caldo, prima della barba. Poi la lama di Pippi farà il suo lavoro.
Mi sento bene, so che domattina mi sveglierò senza più quella mosca a ronzarmi nella testa.

sabato 27 ottobre 2007

Rivalutiamo Don Abbondio

Dice Manzoni che Don Abbondio «non era nato con un cuor di leone». Così i lettori, accompagnando la lettura con un sorriso, sono portati a considerarsi eticamente migliori. Eppure quanti sono quelli che rinunciano alla loro dignità, all'espressione dei loro principi, aggiungendo l'opportunismo alla vigliaccheria, per ossequiare i potenti, i superiori, i capiufficio, i "caporali" di Totò di cui è piena la nostra società? Quel povero curato si era almeno imbattuto in due Bravi a minacciarlo di morte, in tempi e luoghi senza tutela individuale.
E allora, prima di sorridere al pensiero di quest'uomo preso a modello di codardìa, facciamo l'esame di coscienza...

venerdì 10 agosto 2007

lunedì 21 maggio 2007

Il gelataio

Il vecchio gelataio teneva il suo carretto proprio dove finiva il paese, e il paese finiva sul molo.
Mi trovai a passare di là in un pomeriggio di ottobre tiepido di sole. Non avevo mai amato il gelato autunnale, ma la solitaria bellezza della scena mi invogliò ad esserne partecipe. Sentivo che un giorno avrei ricordato meglio quel tramonto sul mare se avessi accompagnato il gusto alla vista.
Mi avvicinai, già interrogandomi sui gusti a disposizione quando mi accorsi che le vasche erano quelle che non vedevo più da tanti anni, con il loro impenetrabile coperchio di alluminio e un pomello di legno nel mezzo. Fui costretto quindi ad alzare gli occhi in cerca del vecchio, recuperando quel tempo in cui si doveva incrociare lo sguardo autorevole del gelataio per domandare il segreto di quegli scrigni misteriosi e ammalianti. Lui mi guardò senza parlare, in un modo tale che pensai m’avesse scambiato per qualcuno che conosceva, e poi disse:
- E’ inutile che mi chiedi i gusti, bambino...
“Ma è matto? Mi dà del bambino a quarant’anni...” pensai.
Lui continuò:
- ...Ho soltanto il gusto torrone. Ma è quello che ti piace di più, no?
Stavo per rispondere “su questo ha ragione” ma lui proseguì:
- Peccato che oggi ti capiti il gelataio. Io non posso offrirti che questo. Ma è comunque importante, anche per me: sai, è l’ultimo che faccio... domani chiudo.
- Allora mi piacerebbe che me lo lasciasse fare da me: saremmo assieme nel ricordo di entrambi.
- Mi spiace: non puoi, sono io che l’ho creato, ma il ricordo è tuo. A me che resterebbe?
Così lo lasciai fare. Anche lui mi passò vicino e scomparve nel tempo.