domenica 19 aprile 2009

Meditazione

“Costanti e perpetue si dilungano lungo la via dei salici le narici impetuose del divenire plebeo senza mostrar vergogna alcuna. Come mai le avete concesse al pubblico senza pensare a nasconderle? Non avrete alcuna remissione dei vostri peccati, così facendo, lo tenete in conto, spero. No, no, non preoccupatevi se non esce respiro dai vostri corpi senza che non lo sappia la santa madre di tutti. E’ cosi’ che ci si rovina la vita senza saperlo. Non è stato mai facile mostrare indulgenza alle voci che sentiamo di dentro. Colpite i vostri cuori con ferocia e ne riavrete sale da cospargere sulle ferite aperte, ma quando quasi tutto sarà compiuto potrete riabbracciare i vostri cari per una quasi ultima volta.”

Seduto a gambe incrociate sul tappeto rosso del suo salotto, il maestro Kandahai lasciava uscire i suoi pensieri così come venivano, le parole impure lasciavano il suo corpo sempre più lentamente, mentre si diradavano. Tra poco sarebbe rimasto il silenzio, nella sua mente. Osservava la luna dipinta da sua sorella, che ora lo pensava da laggiù, ne era certo, senza soffrire della distanza che li separava. “Siamo sempre uno accanto all’altra. E’ il sentimento, non il corpo, a dover essere vicino, e le parole e i gesti non servono, tra di noi. Nel tempo in cui siamo stati vicini ci siamo detti tutto il dovuto e anche un po’ di superfluo, d’ora in poi quello che conta è sapere di avere un silenzio da condividere”.
Il suono del campanello lo ferì fastidiosamente. “Dovrò decidermi a cambiare questa suoneria, sembra una pugnalata. Anzi, dovrei toglierla del tutto.
Si alzò di malavoglia è andò alla porta
Un marocchino. Con tappeti sulle spalle. Maledisse come sempre la sua curiosità.
“Salve, signore, guardi che bei tappeti di Marocco”
“No grazie, io sono indiano e li porto dal mio paese”
“Bene, allora fratello conosci valore di tappeto. Guarda, guarda questo, che colori, centomila nodi centimetro, solo cento euro. Pensa solo se fa operaio italiano, fra tasse sindacato e contribui paghi mille euri”
“Ecco, anche tu ce l’hai coi sindacati. Conosci la storia di Iqbal Masih? Era un indiano, l’hanno ucciso a tredici anni, lottava per liberare i suoi coetanei schiavi del lavoro ai tappeti. Ce l’avete voi. Il sindacato dei tappetari?
“Per carità! Padrone mi ammazza.”
“Ecco, meglio, così non mi suoni più al campanello. Vai, vai, che ho da fare.”
“Cosa devi fare, con piedi scalzi?”
“Ma pensa te, ti fai gli affari miei e mi guardi anche i piedi“.
“Guardo i piedi perché guardo i tappeti”
“Perché… scusa, ripeti un po’, cos’è che fai?”
“Guardo piedi perché guardo tappeti”
“Allora. Calma. Adesso tu mi spieghi perché prima hai pronunciato l’articolo "i" e adesso no?”
“Ma, davvero? Insomma, uffa… E va bene, non sono un marocchino, parlo così perché è più facile vendere. Sono anche laureato in lettere, se proprio lo vuoi sapere.”
“Ma tu guarda. Prendi anche per il culo il prossimo”
“Ma quale presa per il culo. E’ marketing. Perché, il Mulino Bianco, allora? E il bianco di Dash?
“Va bene, va bene. E così si vendono ‘sti tappeti marocchini?”
“Ma che marocco, li facciamo all’Apsella coi cinesi”
“Ah ma allora c’è pure il falso, altro che marketing!”
“Se è per questo sono meglio di quelli persiani, questi. Indistruttibili.”
“Ma pensa un po’. E quanto ti costano a te? Dieci euro al massimo”
“E’ voja. Va ben ch’i pag poc, i cines, mo me costa trenta euro”
“Va bene, ti dò quaranta euro, dammi questo azzurro.”
“Come, lo compri?!”
“E certo, io cerco la verità, quando medito. Non è facile trovarla, ma per cercare è importante averla intorno, anche negli oggetti. Quadri a olio fatti da chi conosci. Artigianato. Ma non importa il valore delle cose, quello che conta è quanta verità contengono. E quando la trovo la voglio tenere con me. Meditare sopra questo tappeto mi farà stare più vicino alla verità. Tieni i tuoi quaranta euro e vai in pace, fratello”
"Grazie. Ma ringraziami anche tu, fratello. La verità a quaranta euro non è molto."